Stories der Bank
12/06/2019
Volksbank e gli investimenti sostenibili
Donatella Principe è Market and Distribution Strategist di Fidelity International, uno dei partner Volksbank per quanto riguarda la gestione del risparmio. A margine dell’annuale evento Private per i clienti del Trentino, le abbiamo posto qualche domanda sulla sostenibilità.
(Intervista parte 1/3)
Dott.ssa Principe in che modo un portafoglio finanziario può definirsi sostenibile?
Se si guarda al dizionario della lingua italiana, si trovano 3 principali significati per l’aggettivo sostenibile, che si rivelano particolarmente utili e adatti quando si parla di portafogli d’investimento.
Il primo significato di “sostenibile” è di qualcosa “che si può affrontare e sopportare”. Questa è certamente una interessante chiave di lettura in termini di gestione di portafoglio.
In finanza non esiste infatti “IL” portafoglio perfetto ma esiste il portafoglio ideale sulla base del profilo di rischio e delle esigenze dello specifico investitore. Ecco che “sostenibile” fa qui riferimento sia alla possibilità di essere compatibile con la situazione patrimoniale di un investitore sia coerente con i suoi obiettivi finanziari di medio-lungo periodo. Ma un portafoglio è “sostenibile” anche e soprattutto quando il suo profilo di rischio-rendimento è compatibile con quello dell’investitore: il grado di volatilità atteso sarà quindi coerente con il rischio accettabile dall’investitore; così come i rendimenti attesi saranno quelli che lo soddisfano sulla base dei rischi che è disposto a correre.
Un secondo significato nella lingua italiana per l’aggettivo “sostenibile” è quello di “suscettibile di essere mantenuto”. Nell’accezione finanziaria un portafoglio diventa in questa chiave di lettura “sostenibile” se è un portafoglio robusto: costruito quindi su pilastri solidi che lo rendano resistente nel tempo. Una delle linee guida imprescindibili in tal senso è quella della diversificazione del rischio, che rende il portafoglio ottimizzato per resistere nel tempo e indipendente dallo specifico contesto economico e di mercato che di volta in volta si viene a creare. Inoltre, considerando quanto oggi influiscano a livello economico-finanziario importanti temi secolari (dalla demografia al crescente peso dei Paesi in Via di Sviluppo), un portafoglio è “sostenibile” nel lungo periodo quando tiene conto (e magari usa a proprio vantaggio) queste nuove, emergenti realtà.
Il terzo significato in italiano di “sostenibile” è “che rispetta determinati parametri”; una definizione che ci porta direttamente nell’ambito della finanza SRI ed ESG, degli investimenti quindi socialmente responsabili e coerenti con vincoli ambientali (E = Environment), sociali (S = Social) e di governance (G = Governance). A livello globale stiamo assistendo a una crescente attenzione a queste tematiche sia da parte dei cittadini che dei governi. A livello legislativo la crescita dell’importanza dell’ESG è stata fin qui il frutto di un mix di contributi bottom up (aziende private, ONG, think-tank…) e top down dei governi, con l’orientamento politico che gioca un ruolo importante sia per creare un terreno fertile che per fornire ulteriore impulso a una crescente sensibilità ESG. Il mondo degli investimenti non è rimasto escluso da questa evoluzione ma sta anzi giocando un ruolo crescente e sempre più attivo nella promozione degli investimenti socialmente responsabili. Un portafoglio “sostenibile” è allora in questa accezione quello che incorpora tra le variabili che guidano le scelte d’investimento anche considerazioni ESG.
(Intervista parte 2/3)
Che impatto hanno le scelte finanziarie di ogni risparmiatore in ottica di sostenibilità?
Esiste un doppio angolo al quale guardare nel valutare l’impatto che le scelte d’investimento possono avere in termini di sostenibilità.
Il primo è guardare al rendimento di portafoglio, domandandosi se la decisione di tenere in considerazioni valori sociali e attenzione all’ambiente possano comportare un prezzo da pagare in termini di performance. Se, insomma, quando si parla d’investimento, l’etica abbia un costo. Il secondo è chiedersi se le mie scelte come investitore possano avere delle ricadute positive per la società e l’ambiente. Questi due angoli sono in realtà tra loro fortemente interconnessi.
In merito al primo punto, il trade off performance-etica è forse ancora uno dei maggiori pregiudizi sulla gestione ESG, smentito da molteplici studi accademici che dimostrano invece come società con una forte connotazione ESG abbiano dei benefici di lungo periodo in termini di stabilità del business o per minor costo di accesso al capitale. Per non parlare, nel caso di società quotate, degli effetti sui corsi azionari. Pensiamo, ad esempio, a uno dei segmenti maggiormente sotto la luce dei riflettori ESG: la filiera delle forniture. La provenienza dei prodotti e perfino dei materiali per i loro componenti, l’equo trattamento dei lavoratori coinvolti nei processi produttivi diventano non solo fattori discriminanti negli acquisti ma possono tradursi in veri e propri boomerang mediatici per la reputazione di un’azienda. In un mondo fortemente globalizzato, con informazione istantanea e nel quale la coscienza ESG si sta sempre più rafforzando, grazie anche alla spinta “etica” dei millennials, diventa sempre più difficile immaginare un pasto gratis in ambito ESG.
Ne consegue che aziende con elevati rating ESG si configurino come investimenti con migliori profili di rendimento corretto per il rischio. È quindi indubbio che, senza compromettere le potenzialità di crescita (anzi!), la qualità ESG di una società può rappresentare un fattore di mitigazione del rischio. Ma la confutazione del pregiudizio sugli investimenti etici può essere spinta oltre, sottolineando come proprio una crescente coscienza ESG globale stia favorendo la nascita di nuove e profittevoli opportunità d’investimento. Un esempio illuminante è quello delle acque di zavorra nella navigazione commerciale, considerate una delle maggiori minacce all’ecosistema marino e alla bio-diversità. A seguito della recente adozione da parte di 60 paesi di una specifica Convenzione, nata sotto l’egida delle Nazioni Unite, le aziende sono vincolate al rispetto di rigorosi standard per la gestione delle acque di zavorra. Si è così creato un business che vale oggi circa 20 mld e che si stima avrà superato il giro d’affari di 100 mld $ in meno di 5 anni.
In merito al secondo punto (impatto socio-ambientale) va sottolineato che mai come in questo momento storico l’investitore con le sue scelte è stato in grado di orientare i comportamenti delle aziende, grazie a un mix positivo di fattori: la crescente attenzione, specie delle nuove generazioni, alle tematiche etiche, sociali e ambientali, unita all’adozione a livello globale di legislazioni sempre più stringenti su materie come l’ambiente (pensiamo agli accordi sul clima di Parigi) e infine ai nuovi mezzi di comunicazione, che rendono l’informazione immediatamente accessibile a tutti.
Un esempio illuminante è lo scandalo che ha travolto le Spice Girls nel Gennaio di quest’anno quando si è saputo che le magliette che avevano messo in vendita per raccogliere fondi a favore di un’organizzazione che si occupa di promuovere la parità tra i sessi erano state prodotte in una fabbrica situata in Bangladesh e confezionate da operaie sottopagate, costrette a lavorare anche 16 ore al giorno per una misera paga. La reazione mediatica e la penalizzazione in termini d’immagine pubblica sono state severe quanto quelle che hanno colpito Facebook ai tempi dello scandalo Cambridge Analytica. In quel caso non vi è stata solo la risposta negativa degli utenti, ma anche quella feroce degli investitori, con perdite in borsa molto ampie. Facebook non ha potuto ignorare i molteplici interrogativi, anche etici, legati alla diffusione d’informazioni tramite le nuove piattaforme tecnologiche ed è dovuta ricorrere all’introduzione d’importanti correttivi per migliorare la sicurezza dei suoi utenti. Non c’è però sempre bisogno che si arrivi a uno scandalo per ottenere un miglioramento nella gestione ESG delle aziende e produrre un beneficio per la società. Il solo dato di fatto di una crescente attenzione ai parametri ESG da parte degli investitori sta agendo come incentivo per le società a operare in modo più etico. Ovviamente se l’impatto del singolo risparmiatore è importante, anche in finanza “l’unione fa la forza” e questo peso viene moltiplicato quando questi sceglie d’investire in fondi che incorporano criteri etici. Come azienda, se so che un numero crescente di gestori istituzionali mi escluderà dalle sue scelte d’investimento qualora non rispetto elevati standard ESG, sarò incentivato a adottare criteri sempre migliori in tutti gli aspetti socio-ambientali. Le società di gestione del risparmio, grazie alla dimensione dei loro investimenti, possono arrivare ad avere anche un ruolo attivo presso le aziende stesse e lavorare con loro per portarle a migliorarne gli standard ESG. Infine, le società di gestione possono lanciare fondi che si focalizzano su settori nei quali sono attive aziende che con il loro business contribuiscono a migliorare la società e l’ambiente: pensiamo a due temi importantissimi, con i quali ci confrontiamo ogni giorno, come quello dell’acqua e della gestione dei rifiuti. Se ogni giorno, come cittadino, sono disciplinato nell’uso che faccio dell’acqua o m’impegno a differenziare i rifiuti, offro il mio piccolo contributo al pianeta. Ma investendo in fondi che scelgono società che si occupano della gestione dell’acqua e dello smaltimento dei rifiuti sono in grado di produrre un enorme impatto sull’ambiente. Più in generale, se il gestore del mio portafoglio non investe in società che hanno bassi standard ambientali, avrò meno rischi che uno dei miei titoli incorrerà in uno scandalo che ne comprometterà la performance di borsa; e con essa il rendimento del mio investimento. Come si vede l’impatto sostenibile negli investimenti ha due ambiti che alimentano a vicenda.
Con Piero Pasquini, Sales Associate Director di Fidelity International (Intervista parte 3/3)
Qual è la strategia di Fidelity per essere sostenibile?
In Fidelity il concetto di sostenibilità abbraccia due diversi ambiti strettamente interconnessi tra loro.
Da un lato, da un punto di vista che potremmo definire “etico”, pensiamo sia nostra responsabilità nei confronti dei nostri clienti, sempre più attenti a queste tematiche, investire in aziende che possano avere un impatto positivo a livello ambientale e sociale. Per questo motivo i nostri analisti adottano un approccio che prevede l’integrazione dei fattori ESG in tutto il processo di investimento, operando sulla base di quelli che sono i Principles for Responsible Investment e che ci ha permesso di ottenere nel 2018 un rating A+ in termini di integrazione ESG sia sul comparto equity che su quello fixed income.
Oltre a ciò però, vi è un altro fattore che a nostro avviso è fondamentale affinché un portafoglio possa essere sostenibile, il tempo. In contesti di mercato come quelli attuali, caratterizzati spesso da eventi macro economici o di geopolitica capaci di influenzare in modo importante la volatilità nel breve termine, è fondamentale guardare a quei trend capaci di muovere i mercati nel lungo periodo. Si tratta di tendenze che, per loro natura, sono decorrelate dall’andamento del mercato nel breve e offrono dunque una maggiore protezione agli investimenti nonché rendimenti più interessanti perché cavalcano settori a elevato potenziale di crescita. In questo scenario, settori come la tecnologia, le trasformazioni demografiche a livello globale o ancora la crescita dei consumi nei paesi asiatici possono offrire interessanti opportunità di investimento agli investitori più lungimiranti.