Stefano, nell’immaginario collettivo, la nostra Banca ci accompagna in tutte le fasi della vita con razionalità, pragmaticità e organizzazione; il karate, oltre i suoi aspetti puramente atletici, è storia, filosofia, crescita personale. Quanto questi elementi finiscono per fondersi e integrarsi nelle tue due attività?

Nel Karate i fondamentali diventano la base forte che accompagna la crescita del praticante per tutta la vita. Nello stesso tempo, però, il lato sportivo evolve costantemente per poter essere sempre attuale ed aggiornato, senza mai dimenticare le radici. Questo processo si ritrova anche nella nostra banca: essa cresce e si adatta al mondo che cambia, senza mai scordare chi è e quali sono i valori da cui si è partiti.

Il funzionamento del dojo, cioè del luogo dove si svolge l’attività, e quello della nostra struttura bancaria sono entrambi organizzati attraverso l’attribuzione di ruoli specifici, facilitando il lavoro di squadra. Il successo di un atleta è il risultato delle sue capacità e del lavoro che tecnici, allenatori e maestri tutti insieme svolgono in modo discreto e spesso silenzioso al suo fianco. Nella nostra banca il successo dei traguardi raggiunti passa inevitabilmente attraverso il lavoro di rete, degli uffici interni che, in accordo e in linea con il management dirigenziale, consentono di arrivare al risultato prefissato. Sicuramene ciò che ho imparato sui “tatami” di gara e in palestra, mi ha aiutato nell’affrontare le sfide che si presentano quotidianamente nel lavoro e nel dare tutto me stesso per raggiungere i risultati professionali, senza mai perdere di vista i singoli ruoli che compongono l'organizzazione.

Carriera professionale e carriera sportiva: ti ricordi quando e grazie a quali motivazioni scoccata la scintilla in tutti e due i campi?

Sono entrato in palestra a 9 anni per pura curiosità e dopo qualche mese ho avuto la fortuna di assistere a una competizione: ho deciso che io volevo essere al posto del vincitore, ma con un mio stile. Durante la mia carriera sportiva, ci sono stati alcuni momenti caratterizzati da sconfitte e da delusioni, ma, alla fine, ho portato a casa innumerevoli soddisfazioni. Nel lavoro è successa la stessa cosa: il mio primo direttore di filiale è stato un professionista molto abile nell’attività commerciale, abilissimo nelle relazioni. Io mi sono ripromesso che sarei arrivato ad avere le stesse competenze, magari affinandole ulteriormente.

Essendo una Banca regionale, è nostra caratteristica prendere decisioni in modo responsabile interpretando le esigenze attuali della clientela e cercando di prevedere quelle future. Trovi che anche nella pratica della tua disciplina si debba essere molto previdenti?

Assolutamente sì. 

La stessa cosa si può traslare al mondo bancario: anticipare le loro esigenze per poter consolidare la relazione ed essere ai loro occhi sempre un passo avanti rispetto ai competitors.

Oltre ad atleta di successo sei anche coach di tua figlia e le stai insegnando tutti i segreti del karate. Per un padre questo è un bel privilegio, fatto di gioie, ma anche di sacrifici…

Vivere insieme a mia figlia le gare che deve affrontare, i suoi allenamenti, le vittorie e le sconfitte è per me di grande stimolo. Quando lei entra nei quadrati di gara, io sono sempre al suo fianco come coach. Il legame che ho con lei è davvero forte e tutte queste esperienze sportive ci uniscono in modo significativo. Però non è sempre tutto così semplice: il rapporto tra padre e figlia, tra vita sportiva e vita reale, si intrecciano inevitabilmente. Quando ci sono incomprensioni, è difficile isolare le singole discussioni o i momenti di difficoltà. Il suo e il mio tempo libero vengono dedicati in gran parte all'attività sportiva. La nostra fortuna è quella di avere il sostegno del resto della famiglia: tornare a casa con una medaglia dopo una gara, magari all’estero, ripaga in parte il fatto di essere stati lontani e rende felici e fieri tutti nella stessa misura.