Queste esperienze hanno, da un lato, messo in rilievo l’importanza dell’innovazione e delle nuove tecnologie nel sistema economico e produttivo italiano. Dall’altro hanno fatto emergere spigoli e criticità, rendendo più evidenti le lacune da colmare.

È vero che non tutte le attività possono essere facilmente svolte in modalità di lavoro agile e questo vale in particolare il settore manifatturiero, ingranaggio cardine nella macchina del Bel Paese - ma è vero al tempo stesso che ci sono margini di miglioramento in tutti gli ambiti e che in molti casi, in alcuni segmenti della catena produttiva, il lockdown ci avrebbe potuto trovare più preparati.

La flessibilità, la capacità di stare al passo di cambiamenti epocali si è trasformata in poco tempo da opportunità ad imperativo per le nostre aziende e un processo di digitalizzazione, nell’ottica dell’Industria 4.0, è più che mai all’ordine del giorno, anche per quelle più piccole. L’investimento nelle infrastrutture tecnologiche, però, non potrà essere sufficiente se non sarà accompagnato, di pari passo, da un’adeguata preparazione del personale. È anche questo, quello della formazione, un investimento per le imprese.

Competenze da costruire e ricercare

Cybersecurity, e-commerce, cloud computing e poi ancora big data, internet of things, robotica e realtà aumentata. Il mondo di quelle che vengono più comunemente annoverato tra le competenze 4.0 può spaventare chi non vi si è mai avvicinato, a cominciare agli altisonanti termini, spesso in inglese. Per questo è fondamentale che ogni percorso di trasformazione venga adeguatamente accompagnato e progettato affinché possa portare ad una crescita virtuosa senza bloccare o snaturare la realtà di partenza. La ricerca e l’affiancamento di nuove figure non possono prescindere da un’adeguata formazione del personale già presente in azienda, portatore di esperienza e know-how, stimolando un cambio di passo. Inoltre, come sottolineato dall’ultimo report del World Economic Forum in tema di competenze e trasformazione digitale, viviamo in un mondo che sarà sempre più caratterizzato dal fenomeno della skill instability.

In parole povere, lo sviluppo tecnologico è così rapido che ogni competenza nel momento in cui la si acquisisce, può diventare già superata. La chiave, quindi, non può che essere quella di una formazione permanente, con un atteggiamento di costante apertura.

Strategie da sviluppare

Il 57% delle imprese analizzate dall’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, stando ai dati del report 2019, si è attivata per “identificare carenze di competenze 4.0 e avviare interventi necessari a colmarle”. Sempre dall’Osservatorio emerge che nel 75% dei casi la formazione in azienda è affidata a risorse interne.

Secondo i risultati di SELFI 4.0, un test di autovalutazione sulla maturità digitale svolto online da quasi 15mila imprese tramite la rete delle Camere di commercio, circa un terzo delle aziende ha realizzato o ha in programma di realizzare corsi di formazione 4.0 per il proprio personale e avviare attività formative per favorire la digital transformation; solo un’impresa su 10 - al momento del test - aveva realizzato corsi di formazione sulle tematiche 4.0, ma il 25% programmava di farlo nei successivi 12 mesi.

La fotografia, in entrambi i casi, è quella di una crescente consapevolezza del divario da colmare, non sempre - però - con le idee chiare sulla strada da percorrere per raggiungere questo obiettivo. Un punto di partenza, anche in questo caso, possono essere gli incentivi del Piano Transizione 4.0, che prevedono una versione specifica del credito d’imposta destinata proprio alla formazione, con la possibilità di vedersi riconosciuto fino al 50% di sconto fiscale sulle spese relative a questo tipo di attività.